Sciascia, scrittore «civile», e il giallo
Abstract
Sciascia fu lettore di “gialli” fin dagli anni dell’adolescenza e della giovinezza. Critico verso gli aspetti di consumo del genere, ne fu un connaisseur attento, disincantato, talvolta polemico. Interessato particolarmente ad alcuni grandi scrittori, tra i quali Simenon, Dürrenmatt, Gadda. Su diversi scrittori della letteratura “del mistero”, ha scritto saggi e note di grande interesse, anche –che servono tra l’altro a comprendere– e spiegare la natura dei propri libri e le proprie scelte di scrittore. l Da Il Giorno della civetta (1961) a Una storia semplice (1989, anno della sua morte), Sciascia ha variamente utilizzato, anche in funzione critica e parodica, la scena del poliziesco per rappresentare i meccanismi operativi della mafia, le collusioni tra mafia e potere, le metamorfosi delle attività criminali organizzate, il coinvolgimento –in esse– di figure potenti dell’establishment. E ha scritto pagine narrative di alto valore testimoniale, capaci di cogliere ambiguità e violenze nei confronti della giustizia, svolte tra regole e parodia, verità e finzione, realtà e immaginazione, sempre sostenuto da una coscienza civile profonda, fuori da ogni spirito di compromesso.